Mi permetto di tornare sulla vicenda della denominazione dei bastioni non per puntiglio o per intento polemico ma per provare a dare un contributo positivo.

Dagli interventi radiofonici del sindaco e di Sandro Galantini mi è parso di capire che della questione dovrebbe essere investita la Commissione toponomastica. E’ bene aver chiaro che tale organismo in genere si configura come organo di natura consultiva con il compito di esaminare ed esprimere pareri motivati su tutte le proposte di denominazioni, o modifiche di denominazioni, riguardanti la toponomastica comunale: aree di circolazione, scuole, impianti sportivi, lapidi, cippi, e luoghi e strutture pubbliche in genere.

 

Nel caso in questione si tratta però di strutture originarie della città rinascimentale, i bastioni, che quindi non sono da nominare perché un nome già l’avevano e i giuliesi per secoli li hanno identificati con quei nomi. Negli ultimi decenni è avvenuto che sono stati nominati erroneamente, rifacendosi a quanto scritto da Riccardo Cerulli nell’opera Giulianova 1860. Lo stesso autore aveva però, successivamente, con grande onestà, manifestato più di un dubbio sulla denominazione adottata e aveva auspicato che tali ricerche fossero riprese da altri con serietà e rigore. Ora tale lavoro è stato fatto da chi scrive, pubblicato in articoli apparsi sia su riviste specializzate che a carattere più divulgativo, esposto in convegni di studio. A mio parere occorre solamente che l’amministrazione prenda atto della serietà e fondatezza di tali studi perché la commissione toponomastica nulla potrebbe aggiungere nel merito. Un atto del sindaco, o della giunta, che alla luce di tali nuovi studi, quindi non capricciosamente o arbitrariamente, restituisse a strutture originarie della nostra città i nomi autentici sarebbe quindi un provvedimento doveroso sulla cui legittimità sicuramente non ci sarebbe nulla da eccepire.

Inoltre, poiché le commissioni toponomastiche hanno come compito precipuo quello di tutelare la storia toponomastica della città, mi viene da pensare che ove l’amministrazione comunale omettesse tale atto riparatore, allora si che la commissione sarebbe tenuta a dare motivato parere nel senso di ripristinare le denominazioni originarie, sollecitando sindaco e giunta a provvedere.

Per restare in tema, voglio citare un episodio della nostra storia amministrativa che ha permesso che i nomi antichi delle vie della nostra città arrivassero fino a noi. Il consiglio comunale di Giulianova, nel 1871, approvò la “Nuova denominazione alle strade interne”. Si trattava della prima formalizzazione della toponomastica cittadina, ma i consiglieri si attennero a quelli che erano i nomi tradizionalmente usati da generazioni di giuliesi per individuare le strade: via dell’arco, via dell’orologio, via delle grazie, via delle muse, via delle scale, via S. Pietro, via del papavero, via della rocca, vico della passera, vico del gallo ecc.”. Il prefetto di Teramo, il piemontese Ferrari, si scandalizzò nel non trovare alcun riferimento al processo risorgimentale di quegli anni, e di suo pugno annotò: “Il consiglio comunale di Giulianova si è ispirato: 1° alle cose barocche; 2° ai santi del calendario; 3° agli uccelli. E i tanti fasti dell’odierno rinnovamento politico e sociale non gli hanno suggerito un nome per battezzare una delle sue vie o piazze.” I consiglieri giuliesi saggiamente si attennero alla tradizione, deludendo lo zelante alto funzionario infervorato dagli avvenimenti risorgimentali. Qualche decennio più tardi non sarà più così. Con il XX secolo caratterizzato dal trionfo delle ideologie anche la toponomastica della nostra città subì le incursioni delle fazioni di volta in volta vincitrici che puntualmente si autocelebravano a scapito delle antiche denominazioni.

                                                                                  Ottavio Di Stanislao