Mentre ci sono taglia alla Sanità, tagli nei trasporti pubblici regionali,
tagli alle scuole, gli onorevoli salvano tutte le lore prebende.
Niente tagli per i deputati

La Camera approva il bilancio 2010. Le spese sfiorano un miliardo di euro.
Bocciati quasi tutti gli ordini del giorno sulla riduzione dei costi.
L’onorevole si tiene vitalizio, barbiere e buvette.
Gli onorevoli si tengono stretto il vitalizio. Non solo. Anche il barbiere e
la buvette. Altro che spese elevate e tagli necessari anche per dare il buon
esempio al Paese che tira la cinghia. Alla Camera si può discutere di tutto ma
non delle pensioni (loro) che, dai 65 anni, spetteranno a tutti quelli che
hanno messo piede in Aula. Pazienza se ci sono ex deputati che con tre giorni
di legislatura si portano a casa 3 mila euro al mese per il resto della vita.
Dunque l’assegno non si tocca: è un diritto acquisito. L’ha deciso ieri
l’assemblea di Montecitorio che ha respinto un ordine del giorno, presentato
dai deputati dell’Idv, Antonio Borghesi e Silvana Mura, che chiedeva di
trasferire le pensioni dei parlamentari all’Inps e agli altri enti
previdenziali. Ma tutti, tranne ovviamente l’Italia dei Valori, hanno votato
contro. Secondo il provvedimento i deputati avrebbero dovuto comunicare alla
Camera il nome dell’istituto previdenziale al quale trasferire i contributi
affinché fossero «aggiunti a quelli già accumulati per le attività lavorative
precedenti al mandato parlamentare». Ma non c’è stato niente da fare.

Si salvano anche gli ex deputati, a cui Montecitorio continuerà a pagare i
rimborsi per spostamenti e trasferte varie. Costano un occhio della testa ma
non si può fare altrimenti. Non è passato l’ordine del giorno che prevedeva «la
cessazione di ogni agevolazione per i deputati cessati dal mandato
parlamentare, con particolare riferimento a quelle concernenti gli spostamenti
aerei, autostradali, ferroviari, marittimi e ogni altro spostamento nazionale e
internazionale». Niente tagli nemmeno al barbiere. La storica barberia della
Camera continuerà a spuntare i baffi agli onorevoli. L’assemblea, infatti, ha
bocciato quasi all’unanimità un emendamento di Stefano Stefani, presidente
della commissione Esteri. L’esponente leghista aveva presentato un ordine del
giorno per cancellare il servizio e, dunque, risparmiare. «Non è demagogia, ma
dobbiamo dare ai cittadini un segnale. Abbiate coraggio, colleghi, e approvate
la nostra proposta, abolite questo privilegio», aveva esortato Stefani. Il suo
appello, però, è rimasto inascoltato. Il deputato ha anche citato, senza fare
nomi, il caso di un barbiere mandato in pensione con una liquidazione di 300
mila euro. Ma neppure questo ha convinto i suoi colleghi che hanno ritenuto di
mantenere in piedi il servizio. Stessa sorte per la buvette. L’Italia dei
Valori aveva proposto di alzare i prezzi di panini e bevande come se fosse un
bar qualsiasi. Tanto per dare un segnale ai cittadini. Niente da fare. Non
saranno toccati nemmeno gli stenografi (una proposta ne chiedeva la riduzione
del 30 per cento). Sono stati bocciati quasi tutti i 40 ordini del giorno
presentati al bilancio 2010 della Camera. Alla fine l’assemblea ha approvato
con 479 sì e 7 astenuti il bilancio preventivo interno per il 2010: la Camera
costerà allo Stato quasi un miliardo di euro, con un incremento dell’1,3%
sull’anno scorso.

Il documento prevede risparmi di 315 milioni di euro nel periodo 2006-2011,
che dovrebbero aumentare fino al 2013, quando si sentiranno gli effetti della
«sforbiciata» di mille euro dalla busta paga dei deputati, e del 5% sulle
retribuzioni dei dipendenti che guadagnano tra 90 e 150 mila euro, e del 10%
degli stipendi sopra i 150 mila euro, oltre a un taglio delle spese non
vincolate, per un totale di 60 milioni di euro. Alcuni ordini del giorno sono
stati accettati come raccomandazioni e vanno nella stessa direzione già
stabilita dai questori della Camera, come quelli che riguardano il taglio delle
spese di affitto dei Palazzi. La voce più rilevante è proprio la locazione
degli immobili. Dal 1997 la Camera ha in affitto quattro edifici che compongono
il complesso «Palazzo Marini». Ogni anno costano più di 30 milioni di euro,
versati alla società Milano 90 dell’imprenditore romano Sergio Scarpellini. Una
società che ottiene altri 17 milioni di euro per i servizi che svolge in questi
palazzi. I conti globali li fa Amedeo Laboccetta (Pdl) nel suo ordine del
giorno: «Nel corso della locazione – scrive – la Camera dei deputati ha
corrisposto alla società Milano 90 complessivamente oltre 300 milioni di euro,
che ben avrebbero potuto essere utilizzati per l’acquisto dell’immobile che
all’attualità può ritenersi avere un valore non superiore ad euro 150 milioni».
Dunque Laboccetta consiglia di contrarre un mutuo di 150 milioni di euro «nella
forma prudente del tasso fisso» per 25 anni che consentirebbe a Montecitorio di
acquistare almeno un palazzo e risparmiare più di 10 milioni di euro all’anno.
La strada sembra decisa. I vertici di Montecitorio, infatti, hanno confermato
l’intenzione di disdire i contratti di affitto.

Lo ha detto il questore della Camera Gabriele Albonetti al termine del
dibattito in Aula. «C’è ancora bisogno – ha precisato Albonetti – di un ufficio
per ogni parlamentare? Oppure il prevalere di altre considerazioni può
consentire una revisione seria della materia? È una riflessione che
sottoponiamo al confronto con i gruppi anche per un’analisi sul reale utilizzo
di quelle sedi e di quegli uffici». L’intenzione, quindi, è quella già
annunciata dall’ufficio di presidenza di qualche giorno fa di disdire i
contratti di locazione con la società Milano 90 anticipatamente, laddove
possibile, rispetto alla scadenza. E il primo, in ordine di tempo, è quello dei
locali di Palazzo Marini 1, dal quale si può recedere anticipatamente, da
gennaio 2012. Gli altri tre contratti di locazione hanno tempi di scadenza più
lunghi, ma i questori della Camera attendono la sentenza di appello del ricorso
presentato nel 2007 (ma perso in primo grado) per una «corretta interpretazione
di alcuni articoli dei contratti di locazione stipulati con la società Milano
90, che potrebbe aprire nuovi scenari anche per l’ipotesi dell’acquisto degli
edifici oggi affittati. «Aspettiamo – ha detto Albonetti – il parere dei gruppi
parlamentari, anche per la valutazione degli effetti che queste scelte
potrebbero avere sui deputati.

E nel frattempo, intensifichiamo i rapporti con l’Agenzia del Demanio per
l’individuazione di nuove sedi» da acquistare accendendo un mutuo. Mentre sul
vitalizio era stato l’altro questore della Camera, Antonio Mazzocchi, a
precisare: «Non è assimilabile ad una pensione e su questi aspetti è già stata
varata una incisiva riforma». «Ma in questo modo – ha ribattutto Antonio
Borghesi – la Camera avrebbe risparmiato qualcosa come 150 milioni di euro
l’anno».