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Nella foto una delle creazioni di Kida ispirate al testo di Mattia Albani

di Federico Albani

Gioco, ironia, artigianalità. Kida fonde Made in Italy, Dadaismo e Surrealismo.

Cresciuta tra i colori e i graffiti della Milano underground,  la giovane artista rappresenta  attraverso nuovi materiali il proprio mondo fatto di diverse culture e tradizioni, strade e persone.

Gucci, Ferragamo, il periodo autarchico. La storia si ripete, ma questa volta si contamina con il vento dell’ovest. Kida si lascia titillare e coccolare da millepuppets realizzati in fimo, pasta sintetica termo indurente; si circonda di nuove essenze e di pura creatività.

Inconscio e gesto artistico. La mente associa liberamente tutte le esperienze vissute e viste per dare origine all’opera d’arte. Diventano fondamentali le parole, le azioni, le persone che si incontrano tutti i giorni, i sogni, le paranoie, gli artisti di strada che liberano la mente tra uno spostamento e l’altro. I libri sul comodino, i nastri di musicassette  segnate da infiniti ascolti. Tutto viene rivisitato  in chiave ironica e gioiosa, enfatizzandone il carattere emotivo. Le creazioni diventano così autobiografia visiva.

vinili lavorati e contaminati con tessuti vintage raccontano dello stretto legame tra la musica e l’artista.

Il walkman sulla mano destra. L’indice sul tasto Play. Oasis, Wonderwall.Colonna sonora di un viaggio verso l’Adriatico selvaggio. Nuova meta. Nuovo paesaggio. Nuove persone. Musica, suoni, ancora musica. Arte. Contaminazione. Nuova meta e nuova sperimentazione. Nuova sfida. I conigli non sono quello che sembrano. 

Kida entra in contatto con un nuovo mondo, nuove creature e nuove storie.  I personaggi de ”Il Verso del Coniglio” (romanzo di Mattia Albani e vincitore del Premio “Valerio Gentile 2010”) diventano così la nuova sperimentazione dell’artista. Gli Amish iniziano a prendere le sembianze di puppets. La pelle si trasforma in fimo.

Diffondere la letteratura attraverso l’arte. Questo l’obiettivo di Kida che, insieme a Mattia Albani, si prepara a stimolare il panorama artistico-culturale italiano.

 

 INTERVISTA A KIDA

I: Sei passata dallo spray milanese al fimo adriatico. Come spieghi questo cambiamento?

 

K: [Ride]… Sia chiaro: non ho mai dipinto pezzi, o meglio, ci ho provato ma ho capito che non ne ero in grado. Ho avuto, comunque, la fortuna di crescere in mezzo a questa realtà che porterò sempre nel cuore perchè la reputo una parentesi di vita in tutti i sensi.

Per quel che riguarda il fimo, è stato un avvicinamento naturale. Non ti è mai capitato di giocare a tavola con la mollica del pane?…bè spesso ne facevo materiale da modellare diventando la dannazione di chi aveva la sventura di sedersi alla mia tavola. Mi hanno sempre affascinato le creazioni che vedevo in giro, così, decisi di acquistare i primi colori base…da lì lavorare questo materiale è diventato un hobby e un antistress di grande effetto, per poi diventare una delle varie occupazioni della sottoscritta.

 

 

I: Come nasce un puppet in fimo?

K: Premetto che personalmente adoro creare manipolando svariati materiali di recupero e non. La nascita di un puppet , per quel che riguarda le paste sintetiche, è tendenzialmente dettata dall’emotività. Una canzone ascoltata in un determinato momento o uno stato d’animo mi trasmettono l’input iniziale per plasmare una qualsiasi forma, personaggio o oggetto e dargli il carattere dominante.

L’iter progettuale non è standard in quanto a volte manipolo i vari materiali di getto e riesco a farne uscire qualcosa di valido. Solitamente per progetti più complessi o in collaborazioni e sinergie con altri artisti prediligo il classico metodo “carta e matita”, documentandomi su ciò che deve essere fatto e, conseguentemente buttando su carta tutte le immagini derivanti da svariati flash visivi immagazzinati nella mia mente.

La realizzazione pratica è molto soggettiva. Mi adeguo al momento in base a ciò che devo creare: se mi mettessi a raccontare di tutti gli oggetti, materiali o modi per “sfornare un puppet” o qualsiasi altra cosa ne verrebbe fuori un monologo per cabarettisti degno di nota.

 

 

I: Quando è avvenuto l’incontro con “Il Verso del Coniglio?”

K: L’incontro che ha dato vita a questo progetto è avvenuto un po’ per caso. Conosco Mattia e il suo libro in quanto sono molto legata al fratello che, conoscendo a sua volta ciò che amo definire il mio “personale paese delle meraviglie”, mi ha proposto di dare qualche nota colorata ad un tema che di per se è molto serio e delicato. Essendo amante delle sfide…quale miglior modo per mettermi all’opera alleggerendo il tutto con un pò di KIDA fra una pagina e l’altra?

 

I: Puoi rivelarci qualcosa sui protagonisti di questo progetto?

K: I protagonisti di questa reinterpretazione de “Il verso del Coniglio” sono diversi,ma non saranno tutti. La motivazione è essenzialmente una: alcuni mi hanno ispirata più di altri. Ci saranno gli stessi soggetti riproposti con varianti e diverse caratteristiche.

Il libro tratta temi delicati dalla malattia, alla crisi esistenziale e religiosa, dall’amicizia, alla solitudine. Ho riassunto il tutto nei puppets, dove possibile in modo ironico rifacendomi allo stile kawaii per addolcirne i tratti.

Da non sottovalutare due elementi per me fondamentali: si parla di Amish e di conigli!

Gli amish hanno caratteristiche inconfondibili a livello estetico. I miei puppets presentano queste caratteristiche ma in maniera enfatizzata. Ogni personaggio ha dei dettagli che conferiscono l’identità e, in parte, danno indizi sulla propria anima; la mamma di Samuel ha in mano un cuore nero simboleggiante il suo animo impuro e bigotto, Samuel viene rappresentato spaventato, malato…e..sorpresa!

I conigli (da cui anche il titolo del libro) in questo caso sono presagio di mort. Ho associato,quindi, due opposti: la tenerezza del “coniglietto” al lato tenebroso della morte. Risultato: una piccola invasione di conigli kawaii riproposti in svariati modi, dal coniglio zombie a quello con la falce, passando per quello angelico e malefico contemporaneamente.

 

 

I: Pensi che un giovane artista abbia spazio per farsi conoscere?

K: Penso che in questo ambito lo spazio vada creato da ogni individuo in base alle proprie esigenze e alla propria sensibilità.

Io non mi definisco artista, ma creatrice. Come si sa l’arte è soggettiva ed oltretutto il concetto d’arte ha una vastità talmente infinità da non permettere distinzioni nette fra un concetto ed un altro; arte è colore come lo è l’assenza, arte è felicità come lo è malinconia, l’arte è l’essenza e l’espressione di ogni individuo tramutata in gesti, parole o oggetti. E’ ciò che ti trasmette emozioni e messaggi senza per forza doverne conoscere un linguaggio specifico per decifrarla.

Il giovane artista deve trovare la giusta strada e i giusti mezzi per farsi conoscere. Lo spazio non necessariamente deve esserci…basta crearlo!