Gent.mo signor Marcozzi,
io sono la sorella di Deborah, la ragazza salva grazie al defibrillatore. A
nome di tutta la mia famiglia la volevo ringraziare per la sua battaglia per
far sì che tutti i punti sensibili e strategici siano dotati di un
defibrillatore che permetta che casi felici come quello di mia sorella siano
sempre più frequenti. Mio padre l’ha già ringraziata telefonicamente ed oggi ha
ascoltato con interesse anche la nuova trasmissione che lei ha improntato su
questo argomento. È nella speranza di aiutarla in questa lotta che lei sta
portando avanti con il dottor Ferrante che sono stata spinta, sempre da mio
padre, a scriverle questa lettera che noi familiari vorremmo che lei leggesse
in una delle sue trasmissioni, o eventualmente pubblicasse – a seconda di
quanto lei ritenga più opportuno – in modo da dare un’ ulteriore spinta alla
battaglia cogliendo anche l’occasione di ringraziare tutti coloro che hanno
aiutato mia sorella. La ringrazio nuovamente per tutto quello che sta facendo e
la saluto assicurandole che noi familiari siamo a disposizione per le sue
iniziative su questo argomento. Ho già inviato un messaggio sul suo profilo fb,
ma nell’incertezza mi sono permessa di disturbarla anche tramite mail.
Le riporto di seguito il testo della lettera, certa che la nostra
testimonianza non potrebbe essere in mani migliori. Cordiali saluti

Noi familiari di D. possiamo testimoniare che un attimo  ti cambia la vita. La
nostra sorte  è stata appesa ad un filo, quel sottile filo a cui era collegato
un defibrillatore, attraverso cui  quei pochi secondi, quegli attimi
importantissimi in cui è entrato in funzione con rapidità e tempismo, si sono
trasformati in una vita intera. D. è stata fortunata perché la sorte ha deciso
per lei. La scuola che frequenta,  ed in cui si è sentita male, è a pochi metri
dalla sede della Croce Rossa di Teramo. Se si fosse sentita male in qualsiasi
altro luogo, in qualsiasi altra scuola, quel filo sottilissimo che il
defibrillatore ha irrobustito, si sarebbe spezzato. I luoghi pubblici come le
scuole, i centri sportivi, i centri commerciali, non hanno un apparecchio così
importante, che può decidere la sorte di una persona, che così viene affidata
al caso, alla fortuna, alla sorte. Ma si può lasciare che la vita umana dipenda
dalla sorte? La fortuna non può e non deve decidere della vita. Una frase come 
“si sarebbe potuto salvare se ci fossero state attrezzature idonee…..” non può
trovare spazio, in una società civile. La vita è un bene fondamentale e come
tale va tutelato, con tutti i mezzi e tutte le risorse. Il caso del calciatore
Morosini e quello di D. sono l’emblema di ciò che può accadere con o senza gli
equipaggiamenti adeguati. Un’attrezzatura che manca, cancella per sempre un’
esistenza. Un’esistenza a cui sono legate altre persone, altre realtà. Troppo,
per essere affidato solo alla sorte. Noi ringraziamo il Dottor Ferrante,
coordinatore della Croce Rossa ed il giornalista Francesco Marcozzi che in
varie trasmissioni trasmesse su Teleponte e Radio G stanno portando avanti una
battaglia per far sì che non sia la sorte a decidere della vita degli uomini,
ma lo facciano le strutture adeguate. Per permettere che tutti possano sentirsi
dire che è stato fatto tutto ciò che era possibile fare, e non si debba
rimanere con il dolore che si alimenta della rabbia che ciò che è stato poteva
essere diverso. Il defibrillatore, come tutte le altre apparecchiature
sanitarie, serve a far sì che l’uomo possa realmente essere artefice della
propria fortuna, ed in questi casi anche di quella degli altri. Non è una
macchina. È una speranza di vita. E la vita non ha prezzo, non può essere
soggetta a tagli, ridimensionamenti, accorpamenti o altre manovre. La vita è la
vita. È il nostro bene primario, quello su cui ruotano tutte le regole. Si
fanno tagli per migliorare le condizioni di vita di chi, se poi le persone che
dovrebbero trarre giovamento da quelle riforme  soccombono proprio a causa di
quei tagli? Noi siamo con chi si batte per avere le strutture adeguate nei
luoghi sensibili e strategici, per far sì che, dopo un salvataggio, non si
debba più sentire la frase “è stato fortunato”, ma che si possa dire “le
strutture c’erano ed hanno funzionato”. E vogliamo ringraziare tutti gli anelli
di una catena di soccorso che nel caso di D. hanno funzionato alla perfezione,
permettendo che non si possa parlare solo di fortuna, ma anche di bravura.
Vogliamo ringraziare le amiche che hanno dato l’allarme, i professori e la
preside Loredana Di Giampaolo che hanno gestito immediatamente l’emergenza, i
tre volontari della croce rossa – Di Cristofaro Bruno, Paolone Luca e Quaranta
Mario- che l’hanno defibrillata in tempi strettissimi, ai limiti dell’umana
possibilità, la dottoressa Rossella Damiani e la sua squadra del 118 che
l’hanno stabilizzata consentendole di arrivare in ospedale, dove il reparto
rianimazione si è gettato anima e corpo per far si che la vicenda potesse avere
questo sviluppo felice. Se D. è ancora con noi e può sorridere nella certezza
di poter riprendere una vita normale lo dobbiamo a tutti loro. E soprattutto
vogliamo ringraziare tutte queste persone per la straordinaria umanità che ci
hanno dimostrato in questa vicenda. I professori e la preside ci hanno fatto
sentire continuamente la loro vicinanza, visitandoci personalmente oltre che
chiedendo continuamente notizie. I ragazzi della croce rossa sono passati più
volte per avere aggiornamenti dimostrandoci la loro vicinanza, la dottoressa
Damiani ha cercato più volte di confortarci e di farci da supporto con la sua
esperienza per permetterci di vivere con speranza quest’attesa. E tutti i
medici e gli infermieri hanno dimostrato grande empatia con la nostra
situazione. La nostra vicenda ci insegna che il defibrillatore è importante e
che ci si deve battere affinché venga messo nei luoghi pubblici per far sì che
vicende felici come quella di D. siano sempre più frequenti, ma soprattutto ci
insegna che dietro le macchine ci sono sempre delle persone a salvare altre
persone. Che lo fanno con quei pochi mezzi che hanno a disposizione, a causa
dei tagli e delle riduzioni, ma che non per questo sono meno efficienti. Hanno
la loro efficacia nella testa, nelle braccia ma soprattutto nel cuore. Si
spingono oltre ciò che si potrebbe, perché  si possono tagliare le spese,
ridurre al minimo il personale e le attrezzature, ma l’umanità di chi opera, se
c’è, rimane sempre intatta. Anzi aumenta, perché  un albero forte e sano
resiste ai colpi del vento e si rafforza. E la scure ne può recidere il tronco,
ma mai la radice. Chissà che cosa sarebbero in grado di fare, se ne avessero i
mezzi e le opportunità. Che  devono essere loro dati, e  noi, con la nostra
testimonianza, cercheremo di aiutarli, in questo senso. A tutti, grazie. Non è
una piccola parola. Si allunga sulla scia di tutti gli anni che avete
restituito a D. , e che noi vivremo con lei. Nella speranza che chi sa, può e
deve, rifletta. Quell’attimo, quello in cui il filo si assottiglia, può
arrivare per tutti. E la vita cambierà, in un modo o nell’altro. Siete sicuri
di voler far decidere alla sorte?»
La famiglia di D.