A due mesi dall’omicidio di

Melania Rea, la mamma di 29 anni di Somma Vesuviana scomparsa il

18 aprile scorso da Colle San Marco ad Ascoli Piceno, e

ritrovata cadavere il 20 aprile, nel bosco di Ripe di Civitella

del Tronto la svolta nelle indagini:

il marito,

Salvatore Parolisi, 30 anni, caporalmaggiore dell’Esercito in

servizio come istruttore al 235/o Rav Piceno di Ascoli Piceno,

é indagato dalla procura ascolana per omicidio volontario.

   L’uomo, che finora era parte offesa nelle indagini, ha

ricevuto stamani in Campania, dove si trova in licenza, la

notifica dell’iscrizione nel registro degli indagati. Venerdì

verrà interrogato dai magistrati ad Ascoli. In tre lunghi

interrogatori precedenti Parolisi aveva sempre respinto ogni

sospetto. “Ho tradito Melania”, ha detto agli inquirenti e

ripetuto in tv, dopo la scoperta di una sua relazione con una ex

allieva del Rav, Ludovica, e di altri flirt minori, “ma non

l’ho ammazzata”.

   Il caporalmaggiore ha sempre sostenuto che nel pomeriggio del

18 aprile lui, la moglie e la figlioletta di 18 mesi, Vittoria,

erano andati a Colle San Marco per una passeggiata, in attesa di

partire il giorno dopo per le vacanze di Pasqua in Campania, la

loro regione d’origine. Poi, così aveva raccontato, la donna si

era allontanata per andare in bagno e da quel momento era

svanita nel nulla. Fino al ritrovamento del 20 aprile, nel bosco

delle Casermette, a pochi chilometri di distanza, il corpo

martoriato da una trentina di coltellate (alcune delle quali,

come un taglio a forma di svastica, inferte dopo il decesso), i

pantaloni abbassati, ma nessun segno di violenza sessuale.

   “Me l’hanno presa, l’hanno presa”, erano state le prime

parole di Parolisi durante le ricerche della moglie, come a

lasciar intendere che qualcuno l’avesse rapita. Ma il racconto

del caporalmaggiore non ha mai convinto gli investigatori.

Nessun testimone ha visto con certezza la famigliola sul pianoro

di San Marco, e le contraddizioni e le bugie del militare

(ultimo episodio, l’essersi disfatto del cellulare segreto con

cui telefonava a Ludovica) hanno contribuito ad aggravare la sua

posizione.

    Decisivi, verosimilmente, anche i rilievi sul centinaio di

reperti sequestrati dai carabinieri del Ris sul luogo del

delitto, i controlli dei tabulati telefonici condotti dal Ros, e

l’accertamento autoptico sul cadavere di Melania. (ANSA).