GIULIANOVA – Dopo un’estate in cui è stato impegnato in Italia per la realizzazione di due importanti murali, l’artista giuliese Edoardo Ettorre sbarca in Svizzera con una mostra personale nella galleria Artrust (Bärengasse 16) a Zurigo.

L’esposizione, inaugurata giovedì 7 settembre, sarà aperta fino al prossimo 20 ottobre. “Nzè po’ iucà a pallò” è il titolo, in dialetto giuliese, delle opere esposte.

I lavori prendono spunto da un’esperienza personale dell’artista in relazione ai cambiamenti avvenuti negli ultimi decenni. Trattano dello “spopolamento” delle strade dovuto al sopravvento della tecnologia e all’elevata presenza di regole che non lasciano spazio alla cosidetta vita di strada. Da un lato la tecnologia, il cui uso sfugge all’ umana capacità di controllo, distrae i giovani fino ad alienarli, va quasi a sostituire i rapporti interpersonali e la naturale esigenza di fare esperienza è soppiantata dall’abitudine a vedere esperienze, ovvero il reale che sosttuisce il virtuale; dall’altro, l’insistente e soffocante apprensione dei genitori che spesso contribuisce a rendere i bambini intimoriti dalla realtà pittosto che far nascere in loro curiosità. I bambini hanno così sempre meno possibilità di interagire con la natura e con il pericolo, fattori fondamentali ai fini di una buona costruzione della personalità quanto dell’identità.

La serie di lavori offre una reinterpretazione di fotografie personali risalenti alla fine degli anni Novanta, primi Duemila, ed è ambientata in un quartiere di paese da sempre abituato ad ospitare nelle sue vie bambini e ragazzi.

L’esigenza di assegnare un titolo in dialetto è dovuta principalmente a due fattori: in primo luogo l’ambientazione dei dipinti; poi per l’importanza di conservare, e così tramandare, tradizioni che identificano un paese. La globalizzazione ed i media infondono nelle persone la necessità di unificarsi ad un determinato standard di vita ai fini di sentirsi socialmente accettate anche sotto il punto di vista linguistico. Aumenta costantemente il numero di genitori i quali non vogliono che i propri bambini parlino il dialetto, che nel sentire comune è considerato sempre più fuori luogo e sinonimo di cattiva istruzione.

L’artista, invece, ritiene che quella di imparare il dialetto sia un’esperienza fondamentale ai fini di far nascere nel bambino una coscienza territoriale, quindi contribuire alla conservazione delle tradizioni locali, un’ autenticità in fase di estinzione, oltre che predisporre sin da subito il giovane all’apprendimento di più lingue.

Prima della mostra a Zurigo, l’artista giuliese è tornato a Porretta per realizzare un maximurale, a quattro mani con Antonio Cotecchia, e “La pellegrina di Montevergine” a Capocastello di Mercogliano, in provincia di Avellino. Quest’ultima opera (nelle foto) è tra i finalisti del premio internazione Best August di Street Art Cities. Tutti gli appassionati d’arte possono sostenere il murale di Edoardo Ettore votando al seguente link

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