GIULIANOVA -Il testo della sentenza.
Interrogato in merito al <ciclone-Grillo> a Giulianova, il sindaco Francesco Mastromauro ha ricordato soprattutto una cosa e cioè che il <vaffa> scandito dal leader del M5s e che ha chiuso il suo intervento in piazza del mare, venne sdoganato proprio a Giulianova. Con sentenza della Cassazione venne legittimato un cambiamento del linguaggio e decretato che non è più un’ ingiuria il “vaffanculo”. L’ espressione usata per mandare a quel paese qualcuno, è sì segno di maleducazione ma non per questo può essere penalmente punibile. La V Sezione mandò assolto con formula piena, «perché il fatto non sussiste», un esponente di Rifondazione comunista di Giulianova, Vincenzo Battaglino, che era stato condannato per ingiuria dalla Corte d’ Appello de L’ Aquila per aver appunto lanciato la parola in questione al vicesindaco Domenico Di Carlo durante una seduta del Consiglio comunale svoltasi nel 1999 mentre era tra il pubblico. E a difendere Battaglino contro Di Carlo , anche in Cassazione, era stato proprio l’attuale sindaco di Giulianova, l’avvocato Francesco Mastromauro. Con una accurata ricostruzione filologica la relatrice ha motivato la pronuncia spiegando come l’ uso troppo frequente, quasi inflazionato, di questa espressione, come di altre espressioni a sfondo sessuale, ha modificato la loro carica>.

Il testo della sentenza della Cassazione
Vaffa… non è più un’ ingiuria la Cassazione: è nel linguaggio comune
ROMA – Con giuridico formalismo gli ermellini hanno deciso di dare il via libera ad un’ altra parolaccia. Con la sentenza 27966 la Cassazione ha legittimato un cambiamento del linguaggio e decretato che non è più un’ ingiuria il “vaffanculo”. L’ espressione usata per mandare a quel paese qualcuno, è sì segno di maleducazione ma non per questo può essere penalmente punibile. La V Sezione ha quindi assolto con formula piena, «perché il fatto non sussiste», un consigliere comunale di Giulianova, Vincenzo B. che era stato condannato per ingiuria dalla Corte d’ Appello de L’ Aquila per aver appunto lanciato la parola in questione all’ assessore e vicesindaco Domenico D. C. durante una seduta del Consiglio comunale svoltasi nel 1999. Con una accurata ricostruzione filologica la relatrice ha motivato la pronuncia spiegando come l’ uso troppo frequente, quasi inflazionato, di questa espressione, come di altre espressioni a sfondo sessuale, ha modificato la loro carica: «Il che ha determinato e determina certamente un impoverimento del linguaggio e dell’ educazione», ma «in numerosi casi l’ impiego» di espressioni di questo tipo non supera «più la soglia della illecità penale». Le motivazioni storico-giuridiche però non convincono tutti. «Bisognerebbe provare con gli stessi giudici di Cassazione, e, incontrandoli, apostrofarli appunto con un bel, cordialissimo vaffanculo. Non credo proprio che gradirebbero», è ironico ma molto critico il linguista Tullio De Mauro. Il professore specifica che forse i giudici «avranno le loro ragioni giuridiche per dir questo, ma dal punto di vista linguistico certe espressioni mantengono eccome la loro carica violenta, ed è la ragione per cui vengono usate». Dello stesso parere Domenico De Masi, per il sociologo è comprensibile « accettare un linguaggio corrente che abolisce i congiuntivi ma non che legittima le parolacce». Si tratta di una sentenza sbagliata, dice anche Carlo Rienzi del Codacons, «in tal modo si rischia di avallare un linguaggio sempre più volgare e livellato verso il basso». Favorevole invece Marco Masini che al termine in questione dedicò una canzone. «Vaffanculo è una parola liberatoria, quindi non sempre è indirizzata a qualcuno per offenderlo, quanto serve a sfogarsi dalla rabbia che cova dentro». Sono stati celebri alcuni “vaffanculo” ai tempi in cui erano tremende parolacce, uno quello lanciato dall’ allenatore di calcio Carlo Mazzone che nel 2001 si rese protagonista di uno scontro con i tifosi dell’ Atalanta, nel diverbio risuonò con grande eco il suo insulto. Lui fu espulso e oggi commenta: «Non è più un reato? E allora sai che consumo, d’ ora in poi…».