Se ne è andato Arnaldo Di Giovanni, uno dei più prestigiosi dirigenti del P.C.I. teramano e abbruzzese. 

Con lui va via un pezzo di storia del movimento operaio e contadino.

Un uomo dotato di una intelligenza straordinaria, di una dialettica ferrea e stringente, di un eloquio efficace e mai retorico.

Arnaldo era entrato nel P.C.I. che era ancora un ragazzo. Presto aveva fatto la scelta del “rivoluzionario di professione”. In un momento in cui monta nel Paese l’antipolitica è opportuno ricordare che i funzionari del P.C.I. erano mal retribuiti e conducevano una vita grama, di stenti e di sacrifici.

Egli partecipò al lavoro duro e paziente di costruzione del partito insieme ai compagni che venivano dall’antifascismo e dalla Lotta di Liberazione. Le sue capacità emersero subito e perciò fu chiamato a dirigere la federazione di Teramo e quindi a far parte del comitato centrale.

Arnaldo era amato dai lavoratori, i quali con dovizia di consensi lo elessero al consiglio comunale di Roseto degli Abruzzi, al consiglio provinciale di Teramo, per due volte all’Assemblea Regionale D’Abruzzo, di cui fu presidente, e infine alla Camera dei Deputati.

In questi consessi svolse sempre un ruolo rilevante per affermare i principi di democrazia e di libertà, per affrancare dal bisogno le masse lavoratrici e i ceti più deboli.

L’animo appassionato di Arnaldo fu quello di un combattente unitario. E questa unità egli perseguì sempre con tenacia e determinazione. Nei momenti anche aspri della polemica all’interno della sinistra non dimenticò mai che l’unità doveva essere il filo conduttore della nostra politica.

Caro Arnaldo, 

te ne sei andato in punta di piedi. In silenzio.Non abbiamo avuto nemmeno la possibilità di dirti grazie per quello che hai lasciato: un grande patrimonio politico, civile e morale che ci impegniamo a custodire gelosamente. Per sempre. Addio, mio caro e grande maestro.